Fondatore - Tempo Reale

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    Tempo Reale/Fondatore

    Fondatore

    LUCIANO BERIO

    Luciano Berio (1925-2003) è stato una delle figure principali della storia della musica, sia come compositore che come intellettuale.
    Il suo contributo allo sviluppo della musica elettronica è stato fondamentale: basti pensare ai suoi lavori realizzati allo Studio di Fonologia della RAI di Milano, da lui fondato insieme a Bruno Maderna. Altrettanto è possibile dire del suo ultimo periodo compositivo in cui l’interesse si è spostato, tra le altre cose, verso le possibilità di elaborazione e proiezione nello spazio del suono dal vivo, interesse concretizzato in importanti opere orchestrali, da camera e di teatro musicale. Oltre alla RAI di Milano, le istituzioni che Berio ha contribuito a costruire sono prestigiose, dall’IRCAM di Parigi fino a Tempo Reale, il centro di ricerca fondato a Firenze nel 1987 con lo scopo di creare una struttura capace di investigare le possibilità di interazione tra strumenti acustici e sistemi digitali.
    Luciano Berio è stato direttore artistico di Tempo Reale dalla sua fondazione fino al 2000 e successivamente presidente onorario fino al 2003.

    Sito ufficiale di Luciano Berio

    Luciano Berio, Centro Tempo Reale (1990)*

    Le esperienze di questi ultimi vent’anni negli Stati Uniti e in Europa permettono di collocare in una prospettiva musicale ricca e complessa il lavoro degli Istituti impegnati a sviluppare l’assimilazione delle nuove tecnologie musicali e del trattamento numerico del suono al pensiero e ai comportamenti musicali della nostra cultura. Come sempre, piú il tempo passa piú facile diventa rintracciare le radici storiche del divenire musicale e constatare la priorità e la forza anticipatrice delle idee sui mezzi e sulle tecnologie.
    È in questa prospettiva di consapevolezza storica e musicale che va visto il lavoro di Tempo Reale, centro impegnato in ricerche musicali e tecnologiche molto avanzate. Il pensiero musicale si è sempre valso di strumenti e di mezzi in continua evoluzione. Come il pensiero architettonico ha potuto assimilare e valersi di materiali diversi (si pensi alla “rivoluzione” del vetro e dell’acciaio), cosí la musica si è valsa – dall’inizio degli anni Cinquanta – di nuovi mezzi sonori che hanno certamente avuto una certa influenza sulle concezioni acustico-musicali di quegli anni ma che erano stati a loro volta suggeriti da un bisogno quasi spasmodico di analisi dell’esperienza musicale. Non è un caso, infatti, che le arcaiche apparecchiature elettroacustiche di quegli anni erano tutti strumenti di misura e di analisi. Accanto alla musica strumentale e vocale si è così fatta l’esperienza della musica elettroacustica e della musica elettronica. Questa veniva prodotta in studi specializzati (famosi erano quelli della Radio di Colonia, di Milano, di Parigi e della Columbia University di New York), dove i processi sonori venivano controllati in maniera continua (analogica) e sostanzialmente empirica. Oggi, come è noto, con l’ingresso dell’informatica nella musica e con l’uso dei calcolatori, i processi sonori vengono invece controllati soprattutto in maniera numerica. Le applicazioni dell’informatica alla musica sono praticamente infinite: esistono nel mondo migliaia di studi e di istituti che si specializzano in campi diversi ma contigui della ricerca e della produzione musicale legati, appunto, all’informatica e alle nuove tecnologie digitali. In questi centri il calcolatore non vuole diventare uno strumento musicale (non vuole cioè sostituirsi a un’orchestra, anche se la simulazione è oggi resa possibile da tecnologie digitali spesso utilizzate nel campo della musica commerciale) ma un mezzo che permette al compositore di gestire l’insieme e l’interazione dei suoi strumenti (acustici e digitali), di penetrare con grandissima precisione nei processi acustico-musicali e di estendere le possibilità espressive degli strumenti e della voce. Si pensa spesso che le nuove tecnologie debbano soprattutto servire a produrre suoni nuovi, perché la musica ha bisogno di suoni nuovi. Io penso invece che i suoni nuovi non siano cosí importanti. I suoni non invecchiano come invece invecchiano le idee. In letteratura non è così importante inventare storie nuove quanto piuttosto creare organismi concettuali capaci eventualmente di generare storie. Negli studi che fanno uso di tecnologie molto avanzate non si tratta tanto di inventare suoni nuovi e situazioni sonore inedite quanto, piuttosto, di definire e sviluppare organismi concettuali capaci di generare processi musicali nuovi eventualmente segnalati, appunto, da suoni nuovi. Dunque, non è corretto opporre le nuove tecnologie ai mezzi strumentali e vocali tradizionali. Da un punto di vista operativo ci possono essere differenze anche enormi, ma da quello concettuale le due dimensioni sono complementari fra loro – posto che la loro evoluzione sia sempre garantita da ragioni musicali. È proprio l’interesse per questo rapporto complementare tra le due dimensioni che spinge il Centro Tempo Reale a sviluppare le possibilità di interazione (in tempo reale) fra esecuzione dal vivo e sistemi digitali programmati. In una simile prospettiva gli orizzonti di ricerca, di produzione e, implicitamente, delle attività pedagogiche del Centro Tempo Reale sono necessariamente vasti e complessi. Per esempio, c’è un terreno – quasi una terra di nessuno – che merita di essere esplorato: riguarda l’ascolto. Sappiamo che, concretamente, la strategia dell’ascolto può essere una dimensione interna al processo musicale, commisurata alla complessità delle reazioni percettive che l’opera è in grado di suscitare. La musica pensata per ed eseguita da mezzi strumentali e vocali convenzionali tendeva e tende tuttora a implicare situazioni d’ascolto collettivo piú o meno standardizzate (sala da concerto, teatro, auditorio ecc.). Le nuove tecnologie musicali, invece, non tendono a imporre un luogo ideale d’ascolto, di solito legato a criteri permanenti di aggregazione collettiva. Il Centro Tempo Reale è particolarmente impegnato nella definizione e nella realizzazione di spazi acustici flessibili, inediti e, per cosí dire, virtuali. Ma si propone anche di occupare musicalmente – cioè conquistare alla musica – spazi reali non concepiti originariamente per esecuzioni musicali: piazze, strade, chiostri, palazzi, vallate ecc. La spazializzazione del suono costituisce l’aspetto forse piú nuovo e stimolante di questa ricerca.

    Note bibliografiche e di commento al testo

    Prima edizione con il titolo Premessa, in Evoluzione e prospettive del Centro di Ricerca, Produzione e Didattica Musicale Tempo Reale, Tempo Reale, Firenze 1990, pp. 7-9.
    Ripreso con minime modifiche, e con il titolo Centro Tempo Reale (qui mantenuto), in:
    – L’ora di là dal tempo. Momenti di spiritualità nella musica contemporanea (46° Festival Internazionale di Musica Contemporanea), a cura di P. Cecchi, La Biennale – Ricordi, Venezia-Milano 1995, pp. 217-18;
    – Festival Luciano Berio, 5° Festival di Milano Musica, programma generale a cura di F. Degrada, Edizioni del Teatro alla Scala di Milano, Milano 1996, pp. 140-41 (testo base).

    Nella prima edizione del 1990 alla frase finale seguivano alcune righe in cui Berio, oltre a introdurre i saggi di Nicola Bernardini e Peter Otto contenuti nel medesimo opuscolo, citava brevemente altri istituti di ricerca e istituzioni straniere con cui il Centro Tempo Reale aveva sviluppato rapporti di lavoro (quali la Stanford University, l’IRCAM di Parigi, il Centro di Sonologia Computazionale di Padova ecc.). Non si dà qui conto delle minime varianti e cambiamenti riscontrati tra l’edizione del 1990 e quelle del 1995 e 1996, tra loro identiche.

    *Luciano Berio, Centro Tempo Reale (1990), in Id., Scritti sulla musica, a cura di Angela Ida De Benedictis, Torino, Einaudi, 2013, pp. 232-234. Note bibliografiche e di commento al testo, p. 520.